sabato 28 maggio 2011

LA RISCOPERTA DELL'ANTICA LINGUA EGIZIA: IL MEDIOEVO MUSULMANO


Durante l’alto Medioevo, mentre in Europa il pensiero dominante circa i geroglifici aveva attribuito loro un profondo simbolismo magico contribuendo a diffondere un’interpretazione errata ma estremamente popolare che influenzò i futuri studiosi europei prima della decifrazione,  il mondo islamico, attraverso i suoi storici e alchimisti, sembra avesse già intuito la valenza sia fonetica che determinativa degli antichi segni egizi. A partire dall’VIII-IX secolo d.C. in poi gli studiosi islamici approcciarono la decifrazione dei geroglifici attraverso l'interpretazione di pochi caratteri intuendo di trovarsi davanti ad un alfabetico fonetico e non solo.
Tra questi lungimiranti studiosi c'era  Dhul-Nun al-Misri,  (796-861) un mistico musulmano egiziano che visse nell'alto Egitto e che può essere considerato un  precursore della decifrazione dei geroglifici poiché capì che i segni egizi indicavano sia suoni che idee. Al-Misri sembra abbia vissuto per lungo tempo all’interno del tempio di Akhmim, una delle città più importanti dell’antico Egitto e pare fosse in grado di comprendere bene l’antica lingua egizia scolpita sulle pareti del tempio. A lui viene attribuito un manuale di decifrazione di oltre 300 scritti, inclusi i geroglifici egiziani. Questo manuale ci è pervenuto attraverso una copia del XVIII secolo ritrovata in Turchia e mostra una corretta associazione tra di suoni e segni oltre che un corretto ordine di questi ultimi.
Un altro importante personaggio dell’epoca fu Ahmad bin Abu Bakr Ibn Washiyya. Vissuto in Iraq intorno al IX-X sceolo, studioso di chimica, agricoltura e culture pre-islamiche, egli scrisse il “Devotee’s Yearning to Understand the Symbols of Pens” tradotto e pubblicato in Inghilterra, con il titolo di “Ancient Alphabets And Hieroglyphic Characters Explained: With An Account Of The Egyptian Priests, Their Classes, Initiation, And Sacrifices in the Arabic language”, solo nel 1806, non molto tempo prima della decifrazione di Champollion, il quale potrebbe tranquillamente aver visionato il manoscritto. Quest'opera descrive i segni determinativi della lingua egizia, ovvero quei segni che si trovano alla fine delle parole e che ne determinano l’esatto significato, anticipando tutti gli altri studiosi.  Le associazioni tra lettere e suoni compiute da Washiyya sono in gran parte corrette. Egli fu tra i primi a capire che i geroglifici non erano ciò che gli autori classici avevano creduto per così tanti secoli.
Al-Idrisi (1099–1165 o 1166) geografo, cartografo nonché egittologo musulmano vissuto in Sicilia menziona nei suoi scritti un altro decifratore di geroglifici la cui opera è andata perduta, tale Ayub Ibn Maslamah, vissuto nel IX secolo.
Abd al-Latif al-Baghdadi, (1162–1231) scrittore medievale, fisico storico e anche egittologo, nato in Iraq, era un uomo di grande cultura amante della conoscenza e nella sua monumentale opera si trova anche un Racconto sull’Egitto. Egli fu grande amante della storia spingendo le autorità musulmane verso una consapevolezza dell’importanza del passato e delle antiche culture a beneficio dell’Islam stesso. Egli può essere considerato uno dei primi egittologi poiché durante la sua permanenza in Egitto si dedicò ad una accurata descrizione degli antichi monumenti.
Muhammad al-Maqrīzī (1364 – 1442), musulmano e storico egiziano scrisse anch’egli un’opera importante sull’antico Egitto e pubblicata a Parigi alla fine del XIX secolo con il titolo di Description topographique et historique de l'Égypte.
Abu al-Qasim al-Iraqi, alchimista e studioso del XIV secolo nato in Iraq e vissuto in Egitto  scrisse un libro all’interno del quale i segni geroglifici sono numerosissimi, tra cui il simbolo dell’Uroboro, uno dei segni  più importanti per gli alchimisti dell’epoca, simbolo di eternità e rigenerazione. Il suo libro è pieno di iscrizioni geroglifiche ben copiate dai monumenti e al suo interno vi è anche un tavola dell’alfabeto geroglifico con  associazioni fonetiche non tutte corrette. Malgrado ciò va riconosciuto il merito di averne compreso il principio.
L’interesse che i Musulmani avevano nei riguardi dell’antico Egitto può essere dimostrato anche cogliendo l’importanza che essi diedero agli antichi monumenti di cui spesso usarono il materiale per costruire le moschee. Questo atteggiamento non era dettato dalla volontà di nascondere e distruggere ciò che apparteneva al passato, vista la presenza in posti rilevanti e niente affatto nascosti in cui alcune vestigia decorate con geroglifici erano collocate. Basti pensare alla madrasa di Qasr Dakhla e alla moschea di Khayrbak al Cairo. Il fascino che i monumenti egiziani esercitavano sugli studiosi musulmani era tale che spesso questi dedicavano loro intere opere descrittive.
Probabilmente questi studiosi riuscirono a trovare dei documenti che li aiutarono nella scoperta di una parte dell'antica verità egiziana. Dunque l'Era musulmana non cancellò completamente la lingua egiziana e la sua tradizione come per molto tempo si è voluto pensare. Non va poi dimenticato il ruolo centrale della lingua copta nella decifrazione dei geroglifici in quanto diretta discendente dell'antica lingua egizia, formata in maggioranza da segni del greco ma con l'aggiunta di sei segni demotici. Il copto divenne la lingua ufficiale della cristianità in Egitto ed era ancora in uso al momento della conquista musulmana nel 641.
Lo scopo principale degli scolari arabi era quello di avere accesso alla sapienza egizia e l'unico metodo era quello di leggere gli antichi testi. Essi non erano linguisti bensì alchimisti alla ricerca di una conoscenza che li aiutasse nell’esplorazione delle proprietà chimiche ed essendo capaci di leggere il copto potevano anche fare lo stesso con i geroglifici. Essi infatti già conoscevano la relazione che intercorre tra geroglifici e copto, ancora prima dell’avvento di Kircher e Champollion i quali erano pienamente consapevoli dell’apporto che il mondo arabo aveva dato allo studio dell’egiziano antico. La grammatica del copto realizzata da Kircher si basava su manoscritti arabi nei quali vi erano liste di parole in arabo con a fianco il corrispondente copto.
Il mondo musulmano medievale è stato tacciato di oscurantismo nei confronti delle antiche civiltà  poiché presumibilmente considerate dall’Islam come una fase dell’umanità caratterizzata dalla barbarie e dalla mancanza di fede. Alla luce di quanto riportato fino ad ora questo assunto può essere smentito visto l’interesse che gli studiosi arabi ebbero sin dai primi secoli del medioevo per l’antico Egitto e non solo. Un interesse che andava oltre la volontà di scoprire i magici segreti dell’alchimia egizia ma che sfociava in un vero amore per la storia e la conoscenza.
La visione eurocentrica che per molto ha influenzato gli studi sul Vicino Oriente, ha messo in ombra l'importante contributo del mondo arabo nella decifrazione dei geroglifici, fortunatamente messa in risalto, o per meglio dire, riscoperta dal Dr. Okasha El Daly, della London University College in un recente libro.

Per approfondire:
Dr. Okasha El Daly, Egyptology: The Missing Millennium. Ancient Egypt in Medieval Arabic Writings. UCL Press, London, 2005

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